Gala stava girando tra le rovine di Hogwarts. Di nuovo. Forse per la 394° volta, era di nuovo a camminare tra quelle rovine di un castello un tempo bellissimo, il migliore.
Sapeva che tutto quello era anche causa sua. Perché dico anche? Perché lei detestava l'idea che sia stata
solo colpa sua; no, si diceva, non era colpa di nessuno, o era colpa di tutti?
Il mantello che aveva sulle spalle, che le copriva il volto, le sventolava sulle caviglie; da lontano, sarebbe potuta apparire come un Dissennatore. E forse lo era diventata, una succhia felicità senz'anima. Ma se era senz'anima, perché stava piangendo così tanto, da così tanto tempo che avrebbe potuto riempire la conca dove un tempo c'era il Lago Nero, con le sue lacrime?
Sapeva di aver fatto male a delle persone, persone sue amiche. E questo non poteva perdonarselo. E non se lo perdonerà mai.
Ma, vi chiederete, cosa ci faceva Gala in un posto che la faceva piangere?
I ricordi. I bei tempi. Ecco cosa.
E anche per ricordarsi cosa aveva fatto.
Era arrivata nel giardino davanti al portone della Sala Grande. Si sedette su quello che un tempo era una panchina, dove aveva condiviso risate, con persone ormai scomparse dalla sua vita. Era come guardare un film: lei era sola, ma vedeva tutte le persone che erano state a Hogwarts, che l'avevano curata, amata, fatta crescere; e anche chi era stato per poco, il tempo di un saluto.
Vedeva, nell'ammasso di sassi che era la panchina di fronte a quella su cui era seduta ora, due ragazze. Una, coi capelli biondi, gli occhi verdi. Solare, sempre allegra. L'altra, coi capelli più scuri, gli occhi nocciola, che stava facendo ridere la ragazza bionda. Si volevano bene.
Passarono due ragazzi. Un maschio e una femmina; lei, coi capelli corti e neri, che parlava fitto fitto a un ragazzo... o era un gatto? Sembrava composto da due immagini sovrapposte: un ragazzo e un gatto fucsia.
Distolse lo sguardo, per vedere due ragazze, tutt'e due coi capelli rossi, intente a scambiarsi Cioccorane. Non potevano che essere sorelle: avevano quell'espressione, quell'atteggiamento che si riservava solo ai propri fratelli.
Passò una ragazza, che ricordò a Gala un gufo: stava guardando un libro, e non si accorse dell'altra ragazza coi capelli rossicci che stava controllando la borsa: si scontrarono, si guardarono e scoppiarono a ridere.
Non erano reali; erano solo immagini della mente di Gala, come fantasmi in un cimitero, come le persone di una foto sbiadita dal tempo.
O forse era lei, che non era reale? O forse era entrata in un ricordo? Si poteva, con una cosa chiamata Pensatoio. Di solito l'aveva il Preside.
Poi tutto sparì. La luce si fece più fioca, come quando si passa da un giardino molto soleggiato a una stanza in penombra. Dei ragazzi non rimase altro che il vento, a pungere il viso di Gala.
Che cosa ho fatto? sussurrò, mentre le lacrime le tornavano agli occhi. Fece per asciugarle, ma a cosa serviva nasconderle? A cosa serviva cercare di bloccare il suo dolore? Quindi le lasciò colare, dal naso, al mento, fino a terra.
Pic. Pic. Pic. Ogni lacrima serviva a farla ricordare. Lei avrebbe voluto che tutto finisse, avrebbe voluto tornare indietro nel tempo e fermare la se stessa, avvisarla. Impedirle di fare quello che aveva fatto.
Una Giratempo. Un Tardis. Darei qualunque cosa per una di queste cose.Ma purtroppo le cose come i Tardis, che era tecnologico, non funzionavano in zona Hogwarts. E le Giratempo erano stati tutti distrutti nel '95, quando dei ragazzi dell'Esercito di Silente avevano fatto irruzione al Ministero per salvare Sirius Black.
Come sempre faceva, si fece un film mentale: si immaginò come sarebbe se avesse avuto una Giratempo.
Si sdraiò, guardando il cielo. Il pianto si era calmato, ora respirava lenta e regolare. E, poco a poco, si addormentò.
Prese la Giratempo. Fece il conto: quanti giri servivano per tornare a quel fatidico giorno, a quell'ora esatta? No, serviva almeno un ora in più: doveva spiegare, impedire che tutto succeda.
Girò una, due, tre, quattro, mille mila volte, fino al numero giusto. Fece un bel respiro profondo, mollò la rotellina della Giratempo, e tutto scomparve.
Atterrò sopra un pavimento di legno, dentro a una piccola stanza completamente rossa.
Oh, miseriaccia! esclamò una voce. Gala fece un sorrisetto, il primo di molto tempo. Come fare a non riconoscere quella voce? In fondo, era la sua.
Sta calma. Sono io. O meglio, sono te. Ovvero tu sei me.
La ragazza guardò l'altra ragazza, perplessa. Cosa stai dicendo? E chi sei?
Era stupita, ma non spaventata.
Gala si alzò, e guardò l'altra. Erano identiche, o quasi: la Gala del futuro aveva il viso molto più scavato, bagnato di lacrime, con un espressione più adulta. Mentre la Gala del passato aveva ancora il viso da bambina, e si vedeva che sorrideva spesso. Gala del futuro quasi si mise a piangere ricordando che lei era stata così. Solo sei mesi prima.
Tu non devi farlo.
Fare che cosa?
Quello che stai per fare. Non è una buona idea. Anzi, è pessima. Farà soffrire delle persone. Farà soffrire te. Farà scomparire questo posto. disse Gala del futuro, indicando con un ampio gesto del braccio la stanza del dormitorio della Sala Comune. Dove lei, Light, Ross, Alice, Hope, Mel, Saki, Lucy, Penny, Bella, Boccina, Ginny, Fiamma, Grifona, Lily, Puffy, e anche Gio, anche se non tutte contemporaneamente, avevano dormito.
Gala del passato guardò la sua se stessa, con sguardo scettico. No. Se lo faccio, lei probabilmente tornerà.
Guarda dentro di te: sei sicura al cento per cento che lei tornerà solo perché tu lo farai?
Gala del passato prese un'espressione perplessa, poi sbiancò. No.
Allora non farlo.
E se funzionasse?
Non funzionerà. Lo so. Ti prego, dammi ascolto.
Chi mi assicura che posso fidarmi di te?
Gala del futuro si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo; si avvicinò a Gala del passato, e le disse il loro segreto, il suo segreto, quello che lei non sapeva, ma lo sapeva.
Come fai a saperlo?
Guardaci. Siamo uguali. Io sono te. Sono tornata indietro nel tempo con una Giratempo.
Potresti anche aver preso la Pozione Polisucco.
Gala del futuro scoppiò a ridere; era proprio diffidente e testarda. E come farei a sapere quella cosa?
Giusto. Va bene, non lo farò.
Gala del futuro, dovette ammetterlo, era sorpresa. Aveva fatto in fretta.
Grazie. Iniziò a prendere la Giratempo e a girare in avanti. In realtà non era sicura che si potesse andare avanti nel tempo con la Giratempo, ma tentar non nuoce... quasi sempre.
Ah e un'ultima cosa... per quella cosa, non avere paura! Buttati. Io non l'ho fatto... e credo che sia stato uno dei miei errori più grandi.
Gala del passato annuì.E Gala si svegliò.
Si guardò intorno. Il sole stava per tramontare; era sporca di terra, perché si era agitata molto durante il suo piccolo sonno. Si alzò, si spolverò via un po' di terra, e si diresse verso l'interno del castello.
Ripensò al sogno. In effetti, si sarebbe comportata esattamente in quel modo.
MA NON PUOI FARE PIU' NIENTE, SCEMA DI UNA PERIWINKLE CHE NON SEI ALTRO! urlò Gala con tutto il fiato che aveva nel corpo. Poi crollò a terra, perché purtroppo era vero.
Come se una voce le suggerisse dove andare e delle mani la spingessero, Gala si alzò, e si diresse al Dormitorio.
Salì le scale dell'Ingresso, poi su, su, sempre più su, fino al settimo piano. Le scale, a cui piaceva cambiare, non si muovevano più: la magia di quel posto era sparita, probabilmente per sempre.
Arrivò davanti alla Signora Grassa. Lei era seduta, con la testa poggiata sulla cornice. Aprì gli occhi.
Tu...Gala non voleva sentire un'altra maledizione rivolta a lei, neanche da un quadro. Non voleva sapere che c'era una persona in più da aggiungere alla lista delle persone che la odiavano. Quindi disse la parola d'ordine, l'ultima parola d'ordine che c'era stata.
Cavallette saltellanti.La Signora Grassa la guardò, ora stupita.
Tu ricordi.Certo. E ricordo così tanto, di tutto quello che è successo, che ho seriamente pensato di buttarmi dalla Torre di Astronomia.Era vero? Si.
Senza aspettare commenti dalla Signora Grassa, si infilò nel buco del ritratto.
Sai... forse lei potrebbe ancora perdonarti.Gala fece un sorrisetto sprezzante.
L'ha fatto. Poi ho combinato un altro casino, e ora mi odia. Non succederà mai. MAI!Le lacrime tornarono. Lei le scacciò, ora non voleva piangere.
La Signora Grassa disse con voce dolce
Mai dire mai.Il mio caso è diverso. Mai questa volta è sicuro.Lo stava rifacendo. Autocommiserazione. Cercare di fare pena. Si faceva schifo da sola.
Io merito quello che è successo a lei, ma lei no. Detto questo, entrò in Sala Comune.
La prima cosa che vide era il banco del club delle Rainbow Sheep. Prese un pupazzo; era polveroso, ma si vedeva che era stato amato. Gala si ricordò: l'aveva regalato a
lei, alla ragazza che avrebbe per sempre provato ribrezzo e odio a sentire il nome di Gala. Gala lo mise giù, diretta ai dormitori.
L'aveva fatto spesso: salire fin lassù, diretta al suo letto nel dormitorio. La Signora Grassa non c'era mai; e il dipinto era socchiuso, quindi Gala entrava sempre facilmente: il fatto che fosse molto dimagrita nell'ultimo periodo, seguito di un rifiuto totale di cibo, almeno era servito a qualcosa.
Si voleva solo buttare sul suo letto; mettere la testa sul cuscino e urlare.
Ma c'era qualcuno.
Quando aprì la porta, sentì un movimento, o meglio, lo percepì. Spalancò la porta.
E gli occhi le si aprirono in un'espressione di completa sorpresa.
Alice.Prima che Alice si girasse, le si buttò addosso, in un abbraccio spacca-costole; non le importava se anche lei la odiava, importava solo che ci fosse qualcuno.
Scusami. chiese Gala, affondando il viso nell'abbraccio.
Tutto quello che c'è scritto qui è vero. Cioè, è in forma retorica, però è vero che ho sempre sognato di tornare indietro nel tempo per cambiare le cose, sono tornata in questo forum tantissime volte, per ricordare.
Oh, miseriaccia! Sto di nuovo cercando di fare pena.